“Ut pueris olim dant crustula blandi doctores, elementa velint ut discere prima” scrive il poeta latino Orazio nelle sue Satire (Hor Satira 1,1 linea 24-26) . Piú o meno significa: “i maestri a volte danno con liberalitá biscottini ai ragazzini, affinché si decidano a imparare l’alfabeto”
In poche righe, il poeta latino Orazio, che visse tra il 65 aC e il 6 dC, ci racconta che non sono solo le maestre del Duemila a blandire i ragazzini piú bravi con gli “stikers”: lo facevano giá gli antichi, peró con i biscotti.
L’origine dei biscotti e’ antichissima: prima del lievito, quindi prima del pane come lo intendiamo noi oggi, l’uomo giá si era reso conto che cereali macinati, ammorbiditi in acqua e cotti su pietre arroventate, diventavano croccanti, facili da digerire e facilissimi da conservare. Da lí all’ idea di dolcificare questa sorta di primitivi “crakers” con uva, fichi, miele o di insaporirli con formaggio, sesamo o ceci il passo fu breve, e fu proprio questa l’origine dei biscotti. Sappiamo con dovizia di particolari di biscotti Persiani, Egizi, Greci.
Ma quello che ci interessa oggi sono i “crustula” latini.
Inizialmente erano fatti di orzo ed erano utilizzati per i riti religiosi. In seguito diventarono cosí diffusi che entrarono nella vita comune e a Roma era tutto un fiorire di “biscottai” (i crustularii appunto) e pasticceri (I pistores dulciarii).
Insaporiti con vino aromatizzato, scorza d’arancia, cannella e a volte pepe,erano dolcificati con il miele, cotti al forno e marchiati dal produttore.
I crustula amigdalina, rimasti nella tradizione ligure, erano invece ripieni di mandorle.
La parola “crustula” si diffuse a tal punto da diventare un sostantivo generico per “dolcetto”. In questa forma arrivó all’ italiano “volgare”. Si pensi per esempio ai “crostoli” veneti (frittelle di carnevale) o a “crustuli” calabresi (altrove noti come strufoli) dei quali avremo ancora modo di parlare.
LA NOSTRA RICETTA
Non é pervenuta la ricetta esatta dei “crustula” latini, poiché a scriverne, come spesso accade, non sono cuochi ma poeti o storici o grammatici.
Delle varie ricostruzioni disponibili, che abbiamo provato, la piú convincente é stata questa:
INGREDIENTI:
- 170 grammi di farina di farro,
- 1 uovo
- 60 grammi di miele millefiori
- 40 grammi olio d’oliva
- cannella q.b.
- buccia di un’arancia grattugiata
- buccia di un limone grattugiato
- un po’ di pepe nero a gusto personale
- eventualmente un quarto di bicchiere di vino aromatico
PROCEDIMENTO
- Unire uovo sbattuto, miele liquido e olio. Eventualmente anche un quarto di bicchiere di vino rosso fortemente aromatico.
- Aggiungere farina aromatizzata con cannella, buccia di arancia e limone, pepe. Impastare, lasciar riposare.
- Formare delle palline della grandezza di una noce e successivamente schiacciarle con uno stampo o un marchio.
- Infornare per 10/15 minuti in forno statico a 170 gradi.

In una versione alternativa, abbiamo aggiunto vino aromatizzato e uvette:

Un pensiero su “Si chiamavano “crustula” i biscotti per i ‘secchioni’”