Il libro Settimo di Apicio e’ tra i piu’ spaventosi. Il primo paragrafo di ricette inizia con questi ingredienti, che sono esattamente quello che sembrano: “vulvae steriles, callum lumbelli coticulae et ungellae“.
Procede con fegati, serpenti e polmoni di animali strampalati.
E poi, come se nulla fosse, come la piú innocente delle cuoche vegane della california Hippy, intitola il capitolo 13 “dulcia domestica” (Dolcetti fatti in casa).
E sono tutti buoni, belli e facili (l’elenco completo in latino qui)
Prendiamo per esempio queste frittelline, “nonne” degli struffoli ma in versione piú leggera.
La ricetta originale é chiara, ma mancano le dosi, quindi ho dovuto fare un po’ di prove, per la gioia dei gatti del vicinato. Ad ogni modo sono arrivata a proporzioni che mi sembrano ideali.
Faccio bollire vigorosamente 500ml di latte. Setaccio poi 275g di farina nel latte cercando di non farla raggrumare. Impasto con decisione. Ne viene una pallina di pasta elastica. La stendo, la taglio in rombetti e poi li friggo in olio bollente.
Alla fine servo caldissima, appena fritta, cosparsa di miele liquido e con poco pepe.
Con le parole di Apicio, la ricetta e’ cosí:
“Altri dolcetti: prendi fior di farina e falla bollire in acqua calda finche’ non ne risulta un impasto compatto, poi stendilo. Quando si e’ raffreddato, taglialo ricavandone come dei bonbon e friggili nel miglior olio. Scolali, irrorali di miele e poi cospargili di pepe. Sarebbe meglio usare il latte invece che l’acqua”
In latino é cosí (liber VII, XIII, 6, Dulcia Domestica):
Aliter dulcia: accipies similam, coques [et] in aqua calida, ita ut durissimam pultem facias, deinde in patellam expandis. cum refrixerit, concidis quasi dulcia et frigis in oleo optimo. levas, perfundis mel, piper aspargis et inferes. melius feceris, si lac pro aqua miseris.






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