La fonte fino ad un certo punto é Paolo Diacono (Historia Langobardorum II,28) scritta nel 789. La storia é di quelle tremende, ma parla di un banchetto, e quindi ne parliamo anche noi.

L’inizio e’ da “Games of Thrones” e bisogna un po’ concentrarsi per seguire i personaggi. I nomi vale la pena di leggerli e gustarseli.
Alboino, figlio di re Audoino e di Rodelinda, nasce in Pannonia (tra le attuali Austria e Ungheria). Nel 551 (ha circa 20 anni) uccide Torrismondo, figlio di Turisindo re dei Gepidi. Rifiutato al banchetto d’onore da Audoino, si fa armare cavaliere da Torrismondo stesso.

Nel 555 sposa Clodosvinta, figlia del re franco Clotario e di Ingonda. Nasce Alpsuinda che verrá poi mandata a Bisanzio.
Nel 565 Cunimondo, nuovo re dei Gepidi, sconfigge re Alboino che nel 567, alleato con gli Ávari si vendica e sconfigge a sua volta i Gepidi, uccidendo Cunimondo. Lo decapita e con il suo cranio fa costruire un calice.

Qui inizia la nostra storia.
Giá vedovo di Clodosvinta, Alboino sposa Rosmunda, la figlia di Cunimondo che porta in dote (sic!) i generali Gepidi sopravvissuti.

Al banchetto di Verona (che viene descritto benissimo qui), Alboino costringe Rosmunda a bere dal teschio del padre. C’e’ una frase in italiano che abbiamo studiato tutti a scuola “Rosmunda bevi, dal teschio di tuo padre”. Non e’ di Alfieri -che pure scrisse una tragedia incentrata su Rosmunda- ma di Achille Campanile (per chi volesse leggere direttamente, il link al testo originale é qui).
Si dice che dopo questo episodio Rosmunda rimase cosí sconvolta da decidere di lasciarsi morire di fame. Si dice che il cuoco di corte di Verona, mosso a pietá per la regina si ignegnó ad inventare una salsa cosí buona da farle ritornare l’appetito. Si dice che questa sia la storia all’ origine della Peará, della quale diamo la ricetta qui sotto.
Sui sentimenti di Rosmunda verso il marito non possiamo indagare. In effetti deve essersi molto arrabbiata, perché poi ordí l’assassinio di suo marito, che andó a buon fine e scelse lei il nuovo re. Che poi la sua arrabbiatura derivasse in particolare dall’ affronto subito al banchetto di Verona, quando la fecero bere dal teschio del padre, o piuttosto da un’ antica rivalitá tra la sua tribú e quella di Alboino, é difficile dirlo.
Sulla questione particolare del “bevi Rosmunda dal teschio di tuo padre” peró, va rilevato che benché abbia commosso e sconvolto per millecinquecento anni poeti e artisti, non dovrebbe aver particolarmente sorpreso lei, Rosmunda. Il rito -macabro- di costringere i figli degli sconfitti a bere dal cranio del padre, pare fosse consueto presso le tribú germaniche, presso gli Unni, e per quel che sappiamo anche presso gli Essedoni delle steppe di cui aveva giá narrato Erodoto nel V secolo aC.
Veniamo dunque alla Peará. E’, ancora oggi, la salsa tipica che accompagna gli arrosti nel veronese, ed é bellissima perché costituisce una sorta di “reperto archeologico” vivo. E’ infatti una tipica salsa medievale, fatta con pane raffermo ammollato nel brodo e insaporito con grasso animale e molte spezie.
Non avendo la ricetta originale medievale, perché nessuno l’ha scritta, ricopio qui la ricetta ufficiale della Peará dell’ Accademia della cucina (per il link originale, vedere qui)
PEARÀ

all’uso di VeronaRegioni: VenetoIngredienti: Ingredienti per 4 persone
400 g di pane raffermo grattugiato
200 g di midollo di bue, vitellone e maiale divisi in parti uguali
½ litro di brodo di manzo
40 g di burro
pepe per metà macinato sottilissimo, il restante macinato granuloso
Raccogliere il brodo non sgrassato di un buon pezzo di manzo lesso. Prendere il pane raffermo e passarlo in forno, senza farlo colorare a 150 °C. Prendere una pentola di cotto o di ferro smaltato e porre a fuoco lento il midollo di bue, di vitellone e di maiale oppure solo di manzo (si può usare anche il midollo tolto dagli ossibuchi bolliti) e scioglierlo da crudo, poi aggiungere il burro. Quando il midollo si sarà fuso con il calore, versare un mestolo pieno di brodo per persona, ben bollente, in modo da non interrompere la continuità di cottura. Dopo qualche minuto di bollitura, versare un pugno di pane grattugiato per persona, lasciando bollire molto lentamente per almeno circa due ore. Un quarto d’ora prima di ritirare dal fuoco, aggiungere il pepe sottile e granuloso.
A questo punto, per dare la giusta consistenza cremosa alla pearà, aggiungere del brodo o del pane grattugiato, tenendo presente che, raffreddando anche di poco, cambia la consistenza dell’impasto: se è di consistenza densa in piena cottura, raffreddando l’impasto sarà certamente troppo consistente e viceversa.
Portare a tavola a temperatura più calda possibile, possibilmente su uno scaldavivande. Da tenere ben presente che anche il midollo tende, perdendo calore, a consolidarsi.
Salsa di gradevolissimo gusto, che lascia alla volontà di ognuno la quantità del pepe. Non esagerare nel gusto piccante del composto. Complemento perfetto per lessi misti e per il cappone lesso, anche in occasioni di festività, perfetto anche per crostini di polenta ben brustolita sulla brace.
Un pensiero su “Rosmunda, Alboino e la salsa del bollito”