Ancora un film di cui é difficile scrivere, un film “pugno nello stomaco”, come ci si puó aspettare da Pasolini. D’altra parte, in questa nostra rassegna non puó mancare, e ancora di piú se vogliamo usare spezzoni di film per “guardare” un’ Italia non tanto vecchia ma giá passata.
Mamma Roma, dunque. Un racconto di campagne e poi borgate romane, di marginalitá urbana e rurale, senza spazio per la redenzione. A dare lo spunto a Pasolini per la costruzione del film, un terribile fatto di cronaca: la morte di un giovane di 18 anni, Marcello Elisei, a Regina Coeli, febbricitante e barbaramente legato ad un letto di contenzione. Ed é proprio cosí che nel film, muore Ettore, il figlio della protagonista, adolescente colpevole di una bravata (il furto di una radiolina). Per lui, per dargli un futuro, Mamma Roma/Anna Magnani aveva lasiato “la vita” e la campagna, e lavorava duramente ogni giorno ad un banco di verdura di una periferia romana, squallida come solo Pasolini la sapeva dipingre.
Notevole, per il nostro intento (che, lo ricordo, non é fare un’ analisi del film, ma cercare nei film tracce di un’ Italia passata), il quadro di Anna Manani / Mamma Roma intenta a vendere le verdure della campagna circostante al mercato (al minuto 43).

Pochi banchi, niente del glamour dei bei mercati romani tanto cari all’iconografia turistica (e, devo dire, tanto cari anche a me). Nannarella grida forte le sue mercanzie: “Grido perché sto contenta”, dice lei. E a me viene in mente tutta la storia della pubblicitá, in quelle grida ataviche del venditore che vuole attirare i clienti.

In generale l’offerta del mercatino é misera, circostanza poco credibile in una stagione che i vestiti degli attori rivelano essere giá caldina. Non ci aspetteremmo certo Ananas, Mango e Passion fruit, ma qualche ortaggio in piú, le generose campagne romane sicuramente lo forniscono. Nel generale squallore, comunque, il banco di Mamma Roma é il piú fornito: fave, carciofi, fichi. Accanto, solo patate e cipolle.
Verrebbe voglia di alzare appena appena il sopracciglio, i fichi son di fine estate, fave e carciofi son primaverili. Pasolini aveva ben altro a cui pensare che le verdure di stagione, sono sicura.

Guardando e riguardando la scena, piuttosto, mi trovo a fantasticare su come siano buoni e dolci i fichi, tanto in contrasto con l’asperezza del film…vorrei pensare ad un effetto desiderato, poi ricordo le beffe di Maria Luisa Spaziani, che incontrai a Pavia, nei confronti dei critici che vedono doppi e tripli sensi e interpretazioni che l’autore non immagina neanche lontanamente, e abbandono la pista dei “fichi in contrasto”. Ripiego su fave e carciofi: in contrasto o no, pagherei oro un bel carciofo alla romana, ora. O un tagliere di pecorino con le fave.

Eppure in questa scena per “raggiungere” il sapore del cibo che viene nominato bisogna fare uno sforzo intellettuale notevole: il cibo si nomina ma non si “sente”.
IL BANCHETTO DI NOZZE
Per quanto la scena del mercato sia la piu’ emblematica per i nostri scopi, non mancano altri spunti di osservazione. Il film si apre con un banchetto di nozze.

Un quadro che sembra piuttosto un’ ultima cena, pieno di simbolisimi, privo di gioia. Difficile immaginare che sia una rappresentazione realistica di un matrimonio in campagna di quegli anni, né d’altra parte crediamo ambisca ad esserlo. Pur con questa premessa l’occhio casca sulle bottiglie abbondanti di vino senza etichetta, vino della casa, certamente dei colli romani. E su quei poveri maialini, protagonisti della prima scena allegorica, e che immaginiamo trasformati presto, a telecamera spenta, in Porchetta alla Romana. Splendido il brindisi del padre, “orgogliosamente burino”, e l’ironia genuina di tutti gli invitati.

SIGARETTE E CROCCANTI
Nel secondo quadro, Enrico é adolescente, e scappa dalle giostre per andare a rubare un pacchetto di sigarette alle bancarelle della fiera di paese. Il nostro occhio non puo’ non cadere, con anche un po’ di nostalgia, alle barrette di croccante che Enrico, “grande”, ignora.

APPUNTAMENTO ALLA “BOTTIGLIERIA PIZZERIA”
Quando Enrico incontra la prostituta Biancofiore, un’ iniziazione intempestiva organizzata da Mamma Roma per il suo adorato figlio, l’appuntamento é davanti a una “Bottiglieria – Pizza” che vale la pena di osservare (al minuto 1:05).
FINALMENTE…IL PROFUMO DEL CIBO. MA DURA POCO
La storia arriva ad una svolta: dopo infiniti maneggi, Mamma Roma é riuscita a far assumere Enrico come cameriere ad una trattoria vicino a casa (minuto 1:15). Ha avuto quello per cui ha lottato sempre. Una vittoria, e per l’unica volta nel film sembra di sentire il profumo dei piatti che girano in quella bella estate romana. Ma é solo un momento. Dopo questa scena, il precipizio verso un finale tragico é inevitabile.
Il film completo, si puó vedere qui: