I nonni dei carciofi sono i cardi selvatici.
Quelli, per intenderci, che gli scozzesi mettono su tutti gli stemmi.

con cardi selvatici
Da noi gli stemmi non vanno piú di moda, e i cardi tendiamo a mangiarceli perché sono molto versatili. Vanno bene cotti, crudi, in tisana. E se abbiamo le api ci facciamo anche il miele, apprezzato per il suo retrogusto amaricante.
I Romani peró la sapevano lunga e iniziarono a domesticare e coltivare il cardo selvatico (si pensa dal I sec d.C, si pensa in Sicilia) e a farne carciofi.

La pianta del cardo e anche quella del carciofo si chiamano Cynara, come l’amaro (in realtá é il contrario) e nell’ antichitá classica le si attribuivano poteri afrodisiaci. Secondo la leggenda prima di essere pianta era una ragazza, sedotta e poi abbandonata da Giove, tanto per cambiare.

Benché siano un grande classico della cucina romana, le prime ricette di carciofi di cui abbiamo notizia in toscana risalgono al 1466.
La tradizione dice che fu introdotto in Francia da Caterina de’ Medici, la quale gustava volentieri i cuori di carciofo.
Ecco una ricetta tradizionale del rinascimento toscano (presa da qui). Si puo’ usare come contorno o come condimento per i crostini
In un tegame cuocere i cuori di carciofo tagliati a spicchi, con olio d’oliva, prezzemolo tritato e un poco di aglio.
Saltare in una padella, con il burro, pochi fegatini di pollo, sfumare con marsala e spolverare con pepe, fiori d’anice, semi di finocchio, peperoncino, chicchi di garofano, pochissima polvere di cannella e chiodi di garofano.
Unire il tutto e battere a coltello.
(tratto da: “Toscana, alle radici del gusto”)
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