Amore e tartufi secondo gli antichi

I Sumeri giá ne parlavano, i Greci – li chiamavano Hydnon- lo consideravano il frutto della fusione tra il fulmine, l’acqua e la terra.

Il tartufo, “tuber terrae”, era utilizzato come afrodisiaco fin dall’ antichitá. Ci si era infatti giá accorti in tempi remoti che le scrofe in vicinanza di un tartufo mostrano uno stato di eccitazione -ora sappiamo che é dato dall’ androsterone. Per questo ai tempi dell’ Antica Roma erano le scrofe, e non i segugi, preposte alla ricerca del tubero selvatico.

Scultura romana di una scrofa

Studi recenti hanno incontrato nel tartufo anche la presenza di alfa-androstenolo che viene secreto anche durante le fasi del corteggiamento umano. Certo il valore di seduzione del tubero é prevalentemente estrinseco: é un dono prezioso che si fa a tavola alla persona amata.

Nell’ attualitá i tartufi si consumano prevalentemente crudi, per massimizzarne il sapore, oppure essiccati come saporizzatori di olio, sale, pasta (prevalentemente negli Stati Uniti).

Abbiamo giá visto la ricetta della “Sogliola alla Pompidou” con lamelle di tartufi (qui).

Apicius nel suo De Re Coquinaria dedica ben sei articoli ai tartufi. Riportiamo una ricetta e un modo di conservazione. La ricetta prevede di fare piccoli spiedini di tartufi cotti -non lo dice, ma sappiamo che li cuocevano sotto le braci- e di condirlo con una salsa terribile delle loro, a base di vino, olio, aceto (vino cotto), garum (pasta di acciughe) e pepe. Se qualche temerario vuole avventurarsi a provare la combinazione, io raccomanderei comunque di provarla sugli champignons o su qualche verdura cotta, i tartufi li preferiamo crudi…


Apicius  TARTUFI (lIBRO VII)
Spazzola i tartufi, cuocili, cospargi di sale ed infilarli in un paletto [tipo spiedino]. Metti in un tegame e fai cuocere a fuoco lento olio, pasta di acciughe, vin cotto, vino puro, pepe e miele. Quando [l’intingolo] é caldo aggiungi amido. Condisci i tartufi e servi caldi.

Tubera radis, elixas, sale aspergis, et surclo infiges. Subassas, et mittes in caccabum oleum, liquamen, caroenum, uinum, piper et mel. Cum ferbuerit, amulo obligas. Tubera exornas et inferes.


Apprezzabile invece il consiglio -sempre di Apicio- su come conservarli: riempi a strati un barattolo di tartufi non contaminati dall’acqua. Separali con segatura fresca, coprili e chiudi il barattolo con gesso e metteli in luogo freddo (Apicio, libro I, XII)

Tubera ut diu serventur. Tubera, quae aquae non veraverint, componis in vas alternis, alternis scobem siccam mittis, cooperis et gypsas, et loco frigido pones.

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