S.Lorenzo, tra Perseidi e soffritti

Nel 1391, per farla, hanno usato 22 mazzi di porri. Noi appena qualche gambo, ma é venuta buonissima comunque.

Si tratta della Porrea, o Porrata di San Lorenzo, che nel basso Medioevo si offriva ai poveri, a Firenze, nella seconda metá d’Agosto. Ed era cosí buona da dare il nome a tutto il pranzo, anzi proprio all’ intero evento, benché fosse accompagnata da carni (assai piú pregiate) o addirittura sostituita da donazioni in denaro.

Attratti dall’ idea -ci pareva di sentire il profumo fin qui, a distanza di centinaia di secoli e migliaia di chilometri- abbiamo deciso di provare a riprodurla, per festeggiare almeno un po’ un’ estate che per noi cade d’inverno. Abbiamo letto documenti antichi -il primo risale al 1287-, completato con le informazioni dei ricettari dell’ epoca, e il risultato é stato ampiamente al di sopra delle aspettative.

Ma andiamo con ordine. La bella, antichissima chiesa di San Lorenzo a Firenze fu consacrata la prima volta nel 393 d.C. alla presenza nientemeno che di S.Ambrogio, amata poi da Matilde di Canossa (XII sec) che viveva lí accanto e scelta dai Medici come luogo di sepoltura. E’ una Basilica minore ora forse nota anche grazie al “mercato di San Lorenzo” che sta proprio “lí”.

Nel basso medioevo, entro 15 giorni dalla festa del Santo cui é dedicata la chiesa, e cioé “il primo mercoledí libero dopo l’ottava di San Lorenzo” si offriva un pranzo a suffragio delle anime di priori, canonici, cappellani, chierici, famigliari e benefattori.

Nel 1287 se ne parla giá come di un’abitudine consolidata. A partire dal 1413 l’uffizio rimase ma la donazione di cibo pare si sia trasformata in donazione di denaro, senza per altro cambiare nome.

Si trattava di una sorta di “evento charity” medievale, piuttosto comune in un mondo dove spettava spesso alla chiesa prendersi in carico qualche incerto antenato del “welfare state”.

A destare il nostro interesse, piu’ che l’evento in sé, sono i resoconti di spesa dei sacrestani che per secoli hanno annotato gli ingredienti di tale pranzo, lasciandoci un documento indiretto di storia della cucina.

Il menu del pranzo consisteva in

“carnibus castrinis o porcinis et tortoream herbaceam de porris”

In pratica, carni (di castrato e maiale) e in “torte di porri”, cosí buone da dare il nome all’ uffizio stesso che infatti ha preso il nome di Porrea o Porrata. Abbiamo anche le quantitá:

Ora, anche in questo caso di ricette, nei rendiconti dei sacrestani, neanche l’ombra -e neanche era il loro ruolo. Prendendo alla lettera le cronache che abbiamo a disposizione pare che “i porri” e “le carni” siano due piatti totalmente diversi. Io ho qualche dubbio, infatti nei ricettari medievali coevi, a meno che non si tratti di piatti di quaresima le verdure vengono in genere molto arricchite -abitudine che d’altra parte troviamo fin da Apicio e fino ad Artusi.

Dopo vari esperimenti e dosaggi, mi sono orientata per questa ricostruzione, forse piu’ leggera dell’ originale, sulla quale d’altra parte non abbiamo certezze, ma senza dubbio moderna e molto “spendibile”. A noi é piaciuta molto:

Per la base ho usato una “pasta matta” idratata al 50% (cioé, 100 ml di acqua ogni 200 g di farina) e con il 30% di grasso rispetto all’ acqua.

PER L’IMPASTO: 200g farina, 100ml acqua, 30 ml olio EVO

lavoare tutti gli ingredienti, lasciar riposare 30 min, stendere nella teglia

PER IL RIPIENO: pancetta in cubetti, olio, una decina di porri tagliati a fettine sottili, 2 uova, abbondante parmigiano.

Ho saltato la pancetta nell’ olio, che poi ho cotto una quindicina di minuti. Una volta raffreddati, ho aggiunto uova e formaggio.

Intanto, infornato la base della torta da sola per 10 minuti. Poi ho aggiunto il ripieno e ho cotto altri 40 minuti.

L’abbiamo provata sia calda che fredda e devo dire…in questa versione é piaciuta moltissimo!!!

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