Stavo rileggendo L’Anonimo Meridionale, la raccolta di ricette medievali che, pur riportate in un manoscritto piu’ tardo, si fanno risalire direttamente alla corte di Federico II. Nella mia foga di dimostrare le origini arabe (mediorientali) della nostra cucina “autentica”, ho spesso finito per trascurare l’ovvio, e cioé che i ricettari medievali sono anche pieni di ricette molto mediterranee, che vengono in linea diretta dai greci e dai romani.

Mi accingevo dunque tutta felice a scrivere questo post su una ricetta dell’ Anonimo Meridionale a base di fave e pecorino, che si sposano benissimo e ricordano le nostre allegre scampagnate del primo maggio, quando mi sono resa conto di essermi infilata in una storia a luci rosse di amore e morte.
Quando si tratta di cibo antico c’e’ poco da rilassarsi con le scampagnate, ogni briciola, ogni semino, é un simbolo.
Le fave, dunque. I greci vedevano una “theta” (l’iniziale di thanatos) nelle macchie nere che caratterizzano il fiore della fava, e ne facevano un simbolo del regno dei morti. Nei baccelli anzi, pensavano si nascondessero gli spiriti degli antepassati -cosa che non sapevo, é mi ha mandato un po’ per traverso l’ultima vellutata che ho preparato. I Pitagorici arrivavano a immaginare che i loro fusti cavi fossero canali di comunicazione con l’Ade.

I romani, al contrario vedevano invece nei semi riproduzioni dei genitali maschili e nel baccello, aperto, genitali femminili. Per loro le fave erano simbolo di feconditá, e afrodisiache. Ora, su questo ultimo punto, ora si legge che avevano anche ragione, grazie alle proprietá nutritive delle Fave che hanno effetti tonificanti ed energizzanti.

Quanto al pecorino, del quale parleremo ancora e a lungo, la sua lavorazione é descritta con minuzia da Columella (morto nel 70 dC) e per quanto ne sappiamo era ampiamente nota giá almeno ai romani dell’ epoca Repubblicana.

Due vecchie conoscenze, dunque, le fave e il formaggio. L’Anonimo Meridionale suggerisce di farne una torta. Si guarda bene dal darci dosi, tempi e temperature, ma non é difficile dedurre una ricetta praticabile dalle sue parole

Anonimo Meridionale, ricetta originale
XXXXVIIII
Chi vole fare una torta de favi, spesce in prima, le fa bollire con cortecce tanto che siano meçe cocte. Quando è cosÌ et non facte, trande la medolla della fava dentro. Poy le micti a pistare et mictice lardo assay bactuto et mictice cascio frisco et non troppo, et se la torta è troppo grande, mictice tre ova et uno de sopra. É bono affare molto grasso, et sale ab uno modo, et se non fosse bene grasso, sarebe spesa perduta.

Sulla sinistra, cottura di torte ripiene
TORTA RUSTICA DI FAVE, ecco come la faccio io
Per l’impasto della torta, se non sono troppo a dieta uso burro e farina in proporzione 1: 2 (quindi per esempio 250g di burro su 500 di farina). Altrimenti faccio una pasta-matta leggera con l’olio. Questa parte si riassume nella parola “torta” dell’ Anonimo Meridionale, che non dá ulteriori indicazioni su come farla.
Poi uso circa 1 kg di fave sgranate, le faccio sbollentare (lui dice “mezze cocte”) e le sbuccio una ad una (“trande la medolla della fava dentro”, dice lui, e fa di tutto per non farsi capire…ma basta seguire il discorso con dei semi di fava in mano, ed é abbastanza evidente cosa si debba fare). Meglio con buona musica di fondo in cucina perché ci vuole un po’ di tempo (questo lo dico io, non “L’anonimo Meridionale”). Le salto in padella con abbondante pancetta (che sarebbe il “mictice lardo assay bactuto”), lascio raffreddare, aggiungo 200g di ricotta di pecora (cascio frisco e non troppo), tre uova (testuali) e mischio con energia. Le fave diventano facilmente puré. Aggiungo un trito di erbe, sale e pepe, lui non lo dice ma erano sottointese in tutte le ricette, metto in crosta e inforno per una cinquantina di minuti a 200 g.
VERSIONE LIBERA: una volta saltate in padella, metto da parte 1/3 delle fave e procedo solo con i 2/3 sostituisco la ricotta con 100g di pecorino grattuggiato e sbatto forte. Poi aggiungo al puré: 100 di pecorino a cubetti, 120g di prosciutto cotto a dadini, e le fave intere che avevo lasciato da parte. Dispondo le uova (come si fa con la Pasqualina) in incavi che preparo con il cucchiaio. “Lui” non lo sapeva, o fingeva di non saperlo, ma il palato esulta quando incontra consistenze diverse. Aggiungo anche in questo caso erbe: maggiorana, timo prezzemolo, e poi sale e pepe. Metto in crosta e cuocio per 50 minuti a 200g
